L’agricoltura è stata indubbiamente la base dell’economia nelle civiltà etrusche e italiche fin dai primordi. Le nostre conoscenze in merito si basano sia sulle fonti greche e soprattutto romane che, più o meno indirettamente, ci forniscono informazioni in merito, sia sulla documentazione archeologica, che non solo ci offre varie testimonianze sugli strumenti legati alla lavorazione agricola e alimentare e alla cottura e conservazione dei cibi, ma anche numerosi resti vegetali, verso i quali in questi ultimi decenni si è rivolta molta attenzione, grazie anche alle nuove tecniche di analisi in laboratorio. I dati risultanti da questi due filoni di indagine, che cercheremo di analizzare in questo intervento, mostrano una sostanziale convergenza. La dieta si basava principalmente, soprattutto nell'età più antica, sul consumo di carboidrati (cereali di varie specie) e proteine vegetali (legumi). Tra le specie di grano più diffuse era appunto il farro (Triticum dicoccum). La possibilità di individuarne resti paleobotanici è strettamente legata alla preventiva torrefazione dei chicchi, che comunque veniva effettuata anche per evitarne il rapido decadimento. I cereali, ma anche i legumi, venivano poi adoperati per preparare minestre (ad es. le clusinae pultes ricordate da Marziale, ovvero una sorta di polenta a base di farro tipica di Chiusi) o altri alimenti (come la farrata, caratteristica della cucina etrusca, evocata da Giovenale). Anche per il Piceno le fonti ci tramandano ricette particolari, come il Panis Picentinus ricordato da Plinio, a base di alica (spelta).

Il consumo del farro e dei cereali in ambiente etrusco-italico e nel Piceno in età preromana

Alessandra Coen
2020

Abstract

L’agricoltura è stata indubbiamente la base dell’economia nelle civiltà etrusche e italiche fin dai primordi. Le nostre conoscenze in merito si basano sia sulle fonti greche e soprattutto romane che, più o meno indirettamente, ci forniscono informazioni in merito, sia sulla documentazione archeologica, che non solo ci offre varie testimonianze sugli strumenti legati alla lavorazione agricola e alimentare e alla cottura e conservazione dei cibi, ma anche numerosi resti vegetali, verso i quali in questi ultimi decenni si è rivolta molta attenzione, grazie anche alle nuove tecniche di analisi in laboratorio. I dati risultanti da questi due filoni di indagine, che cercheremo di analizzare in questo intervento, mostrano una sostanziale convergenza. La dieta si basava principalmente, soprattutto nell'età più antica, sul consumo di carboidrati (cereali di varie specie) e proteine vegetali (legumi). Tra le specie di grano più diffuse era appunto il farro (Triticum dicoccum). La possibilità di individuarne resti paleobotanici è strettamente legata alla preventiva torrefazione dei chicchi, che comunque veniva effettuata anche per evitarne il rapido decadimento. I cereali, ma anche i legumi, venivano poi adoperati per preparare minestre (ad es. le clusinae pultes ricordate da Marziale, ovvero una sorta di polenta a base di farro tipica di Chiusi) o altri alimenti (come la farrata, caratteristica della cucina etrusca, evocata da Giovenale). Anche per il Piceno le fonti ci tramandano ricette particolari, come il Panis Picentinus ricordato da Plinio, a base di alica (spelta).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2680160
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