Il ruolo del terzo settore e delle cooperative in particolare nel favorire la sostenibilità e nel generare innovazione sociale (Fiorentini e Calò, 2013) è stato ed è al centro dell’attenzione del mondo scientifico, come di quello politico, che nel nostro Paese, ha recentemente provveduto a ridefinirne il contesto istituzionale e normativo con l’emanazione del d.lgs. n. 117/2017 (c.d. riforma ETS, enti del terzo settore). Le cooperative sono tipologie di aziende spesso indicate come sostenibili (Battaglia et al., 2020), perché la loro azione contribuisce all’equità e alla giustizia sociale, in quanto sono imprese centrate sulle persone e con obiettivi sociali, oltre che imprese capaci di generare, come operatori economici, opportunità occupazionali, reddito e sussistenza (Gicheru, 2016; Kızıldağ, 2019). Tuttavia, le tante iniziative poste in campo nei vari settori in cui operano le cooperative, le ha elevate a promotori della sostenibilità a tutto tondo e non solo a favore delle società e delle comunità locali. Ad esempio, molte cooperative agricole adottando pratiche di agricoltura sostenibile (basate sul rispetto, cura e longevità della terra), contribuendo alla preservazione dell’ambiente, oppure le cooperative di consumo promuovono pratiche di economia circolare orientate alla sostenibilità e alla riduzione dell’impatto ambientale (Scarpellini et al., 2020). La cooperativa “porta con sé” principi di responsabilità sociale ed ambientale ovunque essa operi (Matacena, 2016). Dunque, le cooperative possono essere viste come promotori e contributori attivi per il raggiungimento di quelli che oggi sono noti come gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) approvati dalle Nazioni Unite il 25 settembre 2015 (UN, 2015; GBS, 2019).esempio, le cooperative possono essere il mezzo per sconfiggere la povertà (SDG n. 1) perché esse consentono anche nelle zone più povere del mondo di avviare aziende che incrementano le opportunità economiche dei suoi partecipanti. Le cooperative sanitarie contribuiscono a garantire una vita sana e promuovere il benessere e la salute di tutti (SDG n. 3). Inoltre, in quanto imprese di proprietà dei soci, le cooperative hanno sempre investito in istruzione, formazione e informazione dei propri membri; la formazione è al centro di uno dei sette principi cooperativi adottati dall’International Co-operative Alliance (ICA)2 e quindi contribuiscono attivamente all’SDG n. 4. L’elenco potrebbe continuare, ma in questa sede si vuole focalizzare l’attenzione su uno specifico settore di attività: quello della ristorazione, perché è sempre stato visto come un settore capace di creare occupazione anche tra i soggetti più svantaggiati (non richiede troppi investimenti avviare un bar o ristorante), ma non si è mai compreso fino in fondo il suo ruolo nel contribuire alla salute e al benessere dei cittadini ed il suo apporto nel sostenere e valorizzare tutta la filiera agro-alimentare (che in Italia vale 135 miliardi di euro) e quindi l’ambiente naturale. In Paesi sviluppati come l’Italia, la ristorazione è il primo comparto di questa filiera (con 46 miliardi di euro), quindi può incidere enormemente su scelte ambientali e di sicurezza alimentare di una intera nazione. D’altro canto, per questo settore è diventato necessario guardare alla sostenibilità poiché sono i consumatori a chiederlo. Questi ultimi, anche quando consumano un pasto “fuori casa”, sono sempre più interessati al tema della sostenibilità; secondo lo studio di Confcommercio (2019), il 71% dei rispondenti ritiene che sia molto o abbastanza importante che i «ristoranti operino in modo sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale». I consumatori chiedono che venga limitato lo spreco di cibo (anche fornendo ad esempio le doggy bag), che si utilizzino materie provenienti da allevamenti sostenibili, che vengano valorizzate le materie prime del territorio e limitato l’utilizzo della plastica. Quanto detto solleva un dubbio: parlare di sostenibilità nella ristorazione è più una moda, ossia una pratica aziendale di risposta alla pressante domanda del mercato, e come tale si traduce in mere pratiche di “window dressing” o “impression management” (Hooghiemstra, 2000; Moneva et al., 2006; Merkl-Davies e Brennan, 2007; Diouf e Boiral, 2017) oppure c’è una reale dedizione aziendale verso l’adozione di pratiche sostenibili che, dopo essere state messe in atto, vengono comunicate in report dedicati? Attraverso l’esame di un caso studio, gli autori del presente lavoro intendono approfondire quanto e come le cooperative di ristorazione comunicano le proprie politiche di sostenibilità legata al cibo all’interno dei loro report, utilizzando il framework degli SDGs come chiave di lettura (come fatto, ad esempio, da Battaglia et al., 2020). L’ipotesi o l’auspicio è che, in quanto costituite nella forma cooperativa, questi soggetti abbiano una “innata vocazione” agli obiettivi socio-ambientali e quindi al perseguimento degli SDGs legati al cibo e, coerentemente, comunichino tale orientamento attraverso idonei strumenti di accountability.

Accountability delle cooperative in tema di sostenibilità e sicurezza alimentare: l’esperienza di CAMST

Del Baldo;
2020

Abstract

Il ruolo del terzo settore e delle cooperative in particolare nel favorire la sostenibilità e nel generare innovazione sociale (Fiorentini e Calò, 2013) è stato ed è al centro dell’attenzione del mondo scientifico, come di quello politico, che nel nostro Paese, ha recentemente provveduto a ridefinirne il contesto istituzionale e normativo con l’emanazione del d.lgs. n. 117/2017 (c.d. riforma ETS, enti del terzo settore). Le cooperative sono tipologie di aziende spesso indicate come sostenibili (Battaglia et al., 2020), perché la loro azione contribuisce all’equità e alla giustizia sociale, in quanto sono imprese centrate sulle persone e con obiettivi sociali, oltre che imprese capaci di generare, come operatori economici, opportunità occupazionali, reddito e sussistenza (Gicheru, 2016; Kızıldağ, 2019). Tuttavia, le tante iniziative poste in campo nei vari settori in cui operano le cooperative, le ha elevate a promotori della sostenibilità a tutto tondo e non solo a favore delle società e delle comunità locali. Ad esempio, molte cooperative agricole adottando pratiche di agricoltura sostenibile (basate sul rispetto, cura e longevità della terra), contribuendo alla preservazione dell’ambiente, oppure le cooperative di consumo promuovono pratiche di economia circolare orientate alla sostenibilità e alla riduzione dell’impatto ambientale (Scarpellini et al., 2020). La cooperativa “porta con sé” principi di responsabilità sociale ed ambientale ovunque essa operi (Matacena, 2016). Dunque, le cooperative possono essere viste come promotori e contributori attivi per il raggiungimento di quelli che oggi sono noti come gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) approvati dalle Nazioni Unite il 25 settembre 2015 (UN, 2015; GBS, 2019).esempio, le cooperative possono essere il mezzo per sconfiggere la povertà (SDG n. 1) perché esse consentono anche nelle zone più povere del mondo di avviare aziende che incrementano le opportunità economiche dei suoi partecipanti. Le cooperative sanitarie contribuiscono a garantire una vita sana e promuovere il benessere e la salute di tutti (SDG n. 3). Inoltre, in quanto imprese di proprietà dei soci, le cooperative hanno sempre investito in istruzione, formazione e informazione dei propri membri; la formazione è al centro di uno dei sette principi cooperativi adottati dall’International Co-operative Alliance (ICA)2 e quindi contribuiscono attivamente all’SDG n. 4. L’elenco potrebbe continuare, ma in questa sede si vuole focalizzare l’attenzione su uno specifico settore di attività: quello della ristorazione, perché è sempre stato visto come un settore capace di creare occupazione anche tra i soggetti più svantaggiati (non richiede troppi investimenti avviare un bar o ristorante), ma non si è mai compreso fino in fondo il suo ruolo nel contribuire alla salute e al benessere dei cittadini ed il suo apporto nel sostenere e valorizzare tutta la filiera agro-alimentare (che in Italia vale 135 miliardi di euro) e quindi l’ambiente naturale. In Paesi sviluppati come l’Italia, la ristorazione è il primo comparto di questa filiera (con 46 miliardi di euro), quindi può incidere enormemente su scelte ambientali e di sicurezza alimentare di una intera nazione. D’altro canto, per questo settore è diventato necessario guardare alla sostenibilità poiché sono i consumatori a chiederlo. Questi ultimi, anche quando consumano un pasto “fuori casa”, sono sempre più interessati al tema della sostenibilità; secondo lo studio di Confcommercio (2019), il 71% dei rispondenti ritiene che sia molto o abbastanza importante che i «ristoranti operino in modo sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale». I consumatori chiedono che venga limitato lo spreco di cibo (anche fornendo ad esempio le doggy bag), che si utilizzino materie provenienti da allevamenti sostenibili, che vengano valorizzate le materie prime del territorio e limitato l’utilizzo della plastica. Quanto detto solleva un dubbio: parlare di sostenibilità nella ristorazione è più una moda, ossia una pratica aziendale di risposta alla pressante domanda del mercato, e come tale si traduce in mere pratiche di “window dressing” o “impression management” (Hooghiemstra, 2000; Moneva et al., 2006; Merkl-Davies e Brennan, 2007; Diouf e Boiral, 2017) oppure c’è una reale dedizione aziendale verso l’adozione di pratiche sostenibili che, dopo essere state messe in atto, vengono comunicate in report dedicati? Attraverso l’esame di un caso studio, gli autori del presente lavoro intendono approfondire quanto e come le cooperative di ristorazione comunicano le proprie politiche di sostenibilità legata al cibo all’interno dei loro report, utilizzando il framework degli SDGs come chiave di lettura (come fatto, ad esempio, da Battaglia et al., 2020). L’ipotesi o l’auspicio è che, in quanto costituite nella forma cooperativa, questi soggetti abbiano una “innata vocazione” agli obiettivi socio-ambientali e quindi al perseguimento degli SDGs legati al cibo e, coerentemente, comunichino tale orientamento attraverso idonei strumenti di accountability.
2020
978-88-351-1727-8
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2682720
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact