L’hápax culpa latior, contenuto nel frammento del giurista Celso (D. 16.3.32), apre ampi spazi alla rielaborazione successiva, della quale il contributo analizza due differenti sviluppi. Il primo mostra la normalizzazione progressiva dell’hápax: la culpa latior diviene culpa lata, la specifica responsabilità del depositario viene inglobata nella responsabilità del debitore in generale, la diligentia quam in suis rebus confluisce e si stempera nella diligenza media per cui dalla diligenza in concreto si passa alla diligenza misurata secondo un parametro astratto. In sostanza l’hápax, che riguarda in primis la locuzione, ma che coinvolge anche in parte il contenuto, viene quindi progressivamente normalizzato e standardizzato e la Glossa di Accursio riveste in questo processo evolutivo un ruolo centrale, come mostra l'evoluzione considerata attraverso i testi di Azone e di Vivano Toschi. Il secondo percorso posto in rilievo riguarda, al contrario, la valorizzazione del medesimo hápax. Bartolo si applica in questa direzione, dando rilievo e centralità alla culpa latior, sebbene nominata soltanto una volta nelle fonti romane. A partire dunque da una base potenzialmente fragile e limitata, egli identifica un criterio di responsabilità che funge da gradino intermedio tra colpa e dolo in una costruzione complessa e dettagliata, che il giurista di Sassoferrato espone in una celebre repetitio. L’eredità romana, anche in questo caso, viene manipolata, esaltando la peculiarità al di là di quanto presente nella fonte.

La culpa latior di Celso, la culpa lata dei Glossatori e il dolus praesumptus di Bartolo da Sassoferrato

Agnati Ulrico
2020

Abstract

L’hápax culpa latior, contenuto nel frammento del giurista Celso (D. 16.3.32), apre ampi spazi alla rielaborazione successiva, della quale il contributo analizza due differenti sviluppi. Il primo mostra la normalizzazione progressiva dell’hápax: la culpa latior diviene culpa lata, la specifica responsabilità del depositario viene inglobata nella responsabilità del debitore in generale, la diligentia quam in suis rebus confluisce e si stempera nella diligenza media per cui dalla diligenza in concreto si passa alla diligenza misurata secondo un parametro astratto. In sostanza l’hápax, che riguarda in primis la locuzione, ma che coinvolge anche in parte il contenuto, viene quindi progressivamente normalizzato e standardizzato e la Glossa di Accursio riveste in questo processo evolutivo un ruolo centrale, come mostra l'evoluzione considerata attraverso i testi di Azone e di Vivano Toschi. Il secondo percorso posto in rilievo riguarda, al contrario, la valorizzazione del medesimo hápax. Bartolo si applica in questa direzione, dando rilievo e centralità alla culpa latior, sebbene nominata soltanto una volta nelle fonti romane. A partire dunque da una base potenzialmente fragile e limitata, egli identifica un criterio di responsabilità che funge da gradino intermedio tra colpa e dolo in una costruzione complessa e dettagliata, che il giurista di Sassoferrato espone in una celebre repetitio. L’eredità romana, anche in questo caso, viene manipolata, esaltando la peculiarità al di là di quanto presente nella fonte.
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