Due delle maggiori religioni politiche del Novecento, il fascismo italiano e il comunismo sovietico, si fondano su corpi defunti, eletti a sacre reliquie. Nello stesso anno 1924, infatti, Mussolini poneva le spoglie di Alfredo Oriani (morto nel 1909) in un sarcofago di pietra, creando un luogo cerimoniale al Cardello (dov’era nato) e la figura del “precursore” del fascismo; Stalin invece patrocinava l’imbalsamazione di Lenin, appena morto, ponendolo in un mausoleo sulla Piazza rossa a Mosca. Il culto del capo era incarnato da due vivi: la retorica intorno a Oriani parava il culto di Mussolini; l’immortalizzazione di Lenin quella del culto della personalità di Stalin. I totalitarismi ponevano così la loro legittimazione non sulle elezioni ma sulla pubblica condivisione dei corpi sacri dei “fondatori”. Ne discendeva l’indiscutibilità delle ideologie ridotte a catechismi, un modello di leadership di tipo mistico, il primato dei dirigenti sui militanti. Un “lutto” prolungato impregnava sotterraneamente due morali sociali antindividualistiche, al fine di impedire che la formazione dell’io, propria della modernità, potesse scivolare verso l’individualismo e il corpo “edonista” dell’Occidente liberale. Questo libro ripercorre, attraverso l’attenzione alla sacralizzazione della politica, il ruolo del corpo del capo nella formazione del consenso.

Lenin e Oriani. Il "corpo sacro" del leader nelle religioni politiche del Novecento

Dino Mengozzi
2021

Abstract

Due delle maggiori religioni politiche del Novecento, il fascismo italiano e il comunismo sovietico, si fondano su corpi defunti, eletti a sacre reliquie. Nello stesso anno 1924, infatti, Mussolini poneva le spoglie di Alfredo Oriani (morto nel 1909) in un sarcofago di pietra, creando un luogo cerimoniale al Cardello (dov’era nato) e la figura del “precursore” del fascismo; Stalin invece patrocinava l’imbalsamazione di Lenin, appena morto, ponendolo in un mausoleo sulla Piazza rossa a Mosca. Il culto del capo era incarnato da due vivi: la retorica intorno a Oriani parava il culto di Mussolini; l’immortalizzazione di Lenin quella del culto della personalità di Stalin. I totalitarismi ponevano così la loro legittimazione non sulle elezioni ma sulla pubblica condivisione dei corpi sacri dei “fondatori”. Ne discendeva l’indiscutibilità delle ideologie ridotte a catechismi, un modello di leadership di tipo mistico, il primato dei dirigenti sui militanti. Un “lutto” prolungato impregnava sotterraneamente due morali sociali antindividualistiche, al fine di impedire che la formazione dell’io, propria della modernità, potesse scivolare verso l’individualismo e il corpo “edonista” dell’Occidente liberale. Questo libro ripercorre, attraverso l’attenzione alla sacralizzazione della politica, il ruolo del corpo del capo nella formazione del consenso.
2021
979-12-5978-049-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2691309
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