Il saggio si interroga sul disordine politico. Il suo colpo d’avvio è una dichiarazione di Henry Kissinger su quanto insistente ma disperata sia la ricerca di un’idea di ordine mondiale nel tempo in cui la globalizzazione ha cambiato il paradigma delle relazioni internazionali ereditato dalla pace di Westfalia. Il pensiero corre al sistema di Hobbes che dello ius pubblicuum europeum è considerato insieme l’inizio e il compimento. Ma anche il vettore della forza che l’attraversa da cima a fondo. L’intera prospettiva che la teoria politica del Leviatano apre sul principio di equilibro delle potenze congiunge la ricerca di un ordine politico con il punto di fuga della guerra civile. Guerra civile che, per il significato della riflessione che il saggio arrischia, è da riconoscere come un fenomeno originario della politica, in luogo del suo essere rappresentata come uno stato di natura che ne precede la formazione, in quanto essa ha da fare con la verità del politico piuttosto che con una politica della verità. Dalla dislocazione escatologica della teologia politica di Hobbes, in un confronto con l’interpretazione di Schmitt, Koselleck, Schnur, e, soprattutto, Agamben, ad emergere, tra le pagine del saggio, sono i primi lineamenti di una dottrina della guerra civile attenta alle forme che il disordine politico può assumere quando la vita come tale diventa la posta in gioco della politica. Ad essere in questione è il concetto di popolo, la cui rappresentazione sovrana, in quanto presenza di un’assenza, costituisce l’altra faccia della guerra civile come soglia di politicizzazione fondamentale dell’Occidente. Un complesso gioco di specchi, un Due in Uno, che la macchina spettacolare di massa della democrazia politica cerca di tenere in piedi disperatamente quando i conflitti che attraversano la globalizzazione scavano invece il vuoto di potere su cui sono esposti la sua legittimazione e il suo consenso.

Il disordine interno. La guerra civile tra origine e fondazione politica

Domenico Scalzo
2021

Abstract

Il saggio si interroga sul disordine politico. Il suo colpo d’avvio è una dichiarazione di Henry Kissinger su quanto insistente ma disperata sia la ricerca di un’idea di ordine mondiale nel tempo in cui la globalizzazione ha cambiato il paradigma delle relazioni internazionali ereditato dalla pace di Westfalia. Il pensiero corre al sistema di Hobbes che dello ius pubblicuum europeum è considerato insieme l’inizio e il compimento. Ma anche il vettore della forza che l’attraversa da cima a fondo. L’intera prospettiva che la teoria politica del Leviatano apre sul principio di equilibro delle potenze congiunge la ricerca di un ordine politico con il punto di fuga della guerra civile. Guerra civile che, per il significato della riflessione che il saggio arrischia, è da riconoscere come un fenomeno originario della politica, in luogo del suo essere rappresentata come uno stato di natura che ne precede la formazione, in quanto essa ha da fare con la verità del politico piuttosto che con una politica della verità. Dalla dislocazione escatologica della teologia politica di Hobbes, in un confronto con l’interpretazione di Schmitt, Koselleck, Schnur, e, soprattutto, Agamben, ad emergere, tra le pagine del saggio, sono i primi lineamenti di una dottrina della guerra civile attenta alle forme che il disordine politico può assumere quando la vita come tale diventa la posta in gioco della politica. Ad essere in questione è il concetto di popolo, la cui rappresentazione sovrana, in quanto presenza di un’assenza, costituisce l’altra faccia della guerra civile come soglia di politicizzazione fondamentale dell’Occidente. Un complesso gioco di specchi, un Due in Uno, che la macchina spettacolare di massa della democrazia politica cerca di tenere in piedi disperatamente quando i conflitti che attraversano la globalizzazione scavano invece il vuoto di potere su cui sono esposti la sua legittimazione e il suo consenso.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2693091
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