Le costanti fibrillazioni interne alla maggioranza hanno accompagnato gli ultimi scampoli del 2020 (v. Cronache costituzionali relative al periodo settembre-dicembre 2020 sul n. 3/2020 di questa Rivista) e hanno caratterizzato, in un repentino crescendo, il primo mese del nuovo anno. A nulla sono serviti gli inviti e i moniti del Presidente della Repubblica. Nel suo discorso di fine anno, il Capo dello Stato è sembrato rivolgersi a due destinatari precisi e di non trascurabile rilievo: da un lato Matteo Renzi, reo di aver innescato la miccia che ha portato alla detonazione della crisi politica e alla fine del Governo Conte-bis nel mese di gennaio, dall’altro il Presidente del Consiglio, che ha sfidato il leader di Italia viva in uno scontro da tenersi sul proscenio parlamentare. Una sorta di reviviscenza di quanto già accaduto nell’agosto 2019, sebbene allora contro l’altro Matteo (Salvini) e con esito diverso. Tra le molteplici suggestioni emerse dal discorso del Capo dello Stato, ve n’è stata una di particolare attualità. Mattarella ha infatti posto in evidenza il problema Recovery plan, sottolineando come la declinazione nazionale del piano europeo per la ripresa debba essere concreta, efficace, rigorosa, senza disperdere risorse, richiamando le forze politiche a un atteggiamento di vigilanza perché “non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte”. Tale discorso, rivolto a una generica platea di costruttori e tenuto per ovvie ragioni legate alla pandemia nell’inconsueta sede del cortile del Palazzo del Quirinale (e non nel celebre studio), ha fatto da preludio allo scenario di qualche settimana successiva, allorquando si è manifestato il correttivo presidenziale della forma di governo parlamentare, dando spazio al “grande regolatore del gioco costituzionale”.

La nascita del Governo Draghi tra ruolo tutorio del Capo dello Stato e dinamiche partitiche

Giuliaserena Stegher;
2021

Abstract

Le costanti fibrillazioni interne alla maggioranza hanno accompagnato gli ultimi scampoli del 2020 (v. Cronache costituzionali relative al periodo settembre-dicembre 2020 sul n. 3/2020 di questa Rivista) e hanno caratterizzato, in un repentino crescendo, il primo mese del nuovo anno. A nulla sono serviti gli inviti e i moniti del Presidente della Repubblica. Nel suo discorso di fine anno, il Capo dello Stato è sembrato rivolgersi a due destinatari precisi e di non trascurabile rilievo: da un lato Matteo Renzi, reo di aver innescato la miccia che ha portato alla detonazione della crisi politica e alla fine del Governo Conte-bis nel mese di gennaio, dall’altro il Presidente del Consiglio, che ha sfidato il leader di Italia viva in uno scontro da tenersi sul proscenio parlamentare. Una sorta di reviviscenza di quanto già accaduto nell’agosto 2019, sebbene allora contro l’altro Matteo (Salvini) e con esito diverso. Tra le molteplici suggestioni emerse dal discorso del Capo dello Stato, ve n’è stata una di particolare attualità. Mattarella ha infatti posto in evidenza il problema Recovery plan, sottolineando come la declinazione nazionale del piano europeo per la ripresa debba essere concreta, efficace, rigorosa, senza disperdere risorse, richiamando le forze politiche a un atteggiamento di vigilanza perché “non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte”. Tale discorso, rivolto a una generica platea di costruttori e tenuto per ovvie ragioni legate alla pandemia nell’inconsueta sede del cortile del Palazzo del Quirinale (e non nel celebre studio), ha fatto da preludio allo scenario di qualche settimana successiva, allorquando si è manifestato il correttivo presidenziale della forma di governo parlamentare, dando spazio al “grande regolatore del gioco costituzionale”.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2705766
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