I saggi di Carlo Bo su Charles Péguy si misurano con una particolare tipologia di lettore: il senza nome, l’anonimo. Secondo il critico ligure, Péguy è stato il poeta della speranza e, dunque, il suo intento era di dar voce ai diseredati, agli oppressi, a coloro che non potevano avere altra collocazione esistenziale se non nel campo d’indagine di uno scrittore capace di «mettersi alla testa di questo enorme esercito di uomini senza nome, quotidianamente avviliti dal potere». Eppure, la preoccupazione maggiore della critica – lamenta Bo nel corso di un sessantennio – ha toccato «l’eroismo, la vita politica, l’uomo dei ‘Cahiers de la Quinzaine’», la costituzione di un manifesto. Nessuno ha mai cercato nelle opere di Péguy i «movimenti intimi», le «possibilità più nascoste». Con una tecnica decostruzionista ante litteram e con un piglio di assorto esistenzialismo, Bo istituisce una dicotomia profonda tra le «linee brillanti» e l’aspetto oscuro, quasi inconoscibile, dei testi péguyani. Da un lato c’è la «vita leggendaria», le cui tappe principali coincisero con la «bottega dei ‘Cahiers’, il pellegrinaggio, la morte in guerra». Dall’altro c’è quel «vero» Péguy segnato da un’indicibile carità: è lì che il suo amore per il popolo raggiunge il vertice, lì che il suo reale messaggio è «fino ad oggi lontano, dai più non ricevuto».
Carlo Bo, Il suo segreto resta intatto. Scritti su Charles Péguy 1935-1995
Alberto Fraccacreta
2022
Abstract
I saggi di Carlo Bo su Charles Péguy si misurano con una particolare tipologia di lettore: il senza nome, l’anonimo. Secondo il critico ligure, Péguy è stato il poeta della speranza e, dunque, il suo intento era di dar voce ai diseredati, agli oppressi, a coloro che non potevano avere altra collocazione esistenziale se non nel campo d’indagine di uno scrittore capace di «mettersi alla testa di questo enorme esercito di uomini senza nome, quotidianamente avviliti dal potere». Eppure, la preoccupazione maggiore della critica – lamenta Bo nel corso di un sessantennio – ha toccato «l’eroismo, la vita politica, l’uomo dei ‘Cahiers de la Quinzaine’», la costituzione di un manifesto. Nessuno ha mai cercato nelle opere di Péguy i «movimenti intimi», le «possibilità più nascoste». Con una tecnica decostruzionista ante litteram e con un piglio di assorto esistenzialismo, Bo istituisce una dicotomia profonda tra le «linee brillanti» e l’aspetto oscuro, quasi inconoscibile, dei testi péguyani. Da un lato c’è la «vita leggendaria», le cui tappe principali coincisero con la «bottega dei ‘Cahiers’, il pellegrinaggio, la morte in guerra». Dall’altro c’è quel «vero» Péguy segnato da un’indicibile carità: è lì che il suo amore per il popolo raggiunge il vertice, lì che il suo reale messaggio è «fino ad oggi lontano, dai più non ricevuto».I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.