L’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia Covid-19 ha influito negativamente sulla condizione economica, finanziaria e patrimoniale delle imprese italiane, ancora non pienamente ripresesi dallo shock determinato dalla precedente crisi del 2008/2009. Le pmi sono state le imprese più colpite dalla crisi pandemica, anche perché maggiormente coinvolte in quei settori economici più fortemente interessati dai lockdown e dalle misure restrittive. Ciò ha determinato nell’immediato una grave crisi di liquidità per molte pmi, che solo gli interventi governativi, mediante contributi pubblici o agevolazioni per il ricorso al credito, hanno potuto contenere. Il maggior ricorso all’indebitamento, da parte delle pmi italiane, ne ha tuttavia deteriorato l’equilibrio finanziario complessivo, rendendo più difficile ottenere i capitali necessari per la ripartenza. Questo processo richiede infatti investimenti per un percorso di riorganizzazione aziendale basato sulla digitalizzazione, l’innovazione tecnologica e ambientale, la crescita di dimensione e di scala e l’internazionalizzazione. A tale scopo, le pmi potranno contare sulla consolidata relazione privilegiata col il sistema bancario, a cui è richiesto non solo il tradizionale supporto finanziario, ma anche un contributo di tipo operativo e consulenziale. Tuttavia tale apporto non po- trà essere sufficiente a garantire tutti gli investimenti a mediolungo termine necessari per sostenere il citato processo di riorganizzazione, e sarà pertanto opportuno che le pmi italiane si rivolgano verso il mercato dei capitali e forme alternative di investimento, per ampliare il ventaglio delle risorse finanziarie disponibili. In questo senso il Piano della Commissione dell’Unione Europea del settembre 2020 sulla creazione di un Mercato Unico dei Capitali rappresenta un’importante occasione per aprire alle pmi europee la strada verso un’evoluzione che permetta loro di ripartire e meglio competere sui mercati globali, eliminando i tradizionali fattori di debolezza che le caratterizzano.

Le pmi e la crisi sanitaria del 2020: profili finanziari

Elisabetta Righini
2022

Abstract

L’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia Covid-19 ha influito negativamente sulla condizione economica, finanziaria e patrimoniale delle imprese italiane, ancora non pienamente ripresesi dallo shock determinato dalla precedente crisi del 2008/2009. Le pmi sono state le imprese più colpite dalla crisi pandemica, anche perché maggiormente coinvolte in quei settori economici più fortemente interessati dai lockdown e dalle misure restrittive. Ciò ha determinato nell’immediato una grave crisi di liquidità per molte pmi, che solo gli interventi governativi, mediante contributi pubblici o agevolazioni per il ricorso al credito, hanno potuto contenere. Il maggior ricorso all’indebitamento, da parte delle pmi italiane, ne ha tuttavia deteriorato l’equilibrio finanziario complessivo, rendendo più difficile ottenere i capitali necessari per la ripartenza. Questo processo richiede infatti investimenti per un percorso di riorganizzazione aziendale basato sulla digitalizzazione, l’innovazione tecnologica e ambientale, la crescita di dimensione e di scala e l’internazionalizzazione. A tale scopo, le pmi potranno contare sulla consolidata relazione privilegiata col il sistema bancario, a cui è richiesto non solo il tradizionale supporto finanziario, ma anche un contributo di tipo operativo e consulenziale. Tuttavia tale apporto non po- trà essere sufficiente a garantire tutti gli investimenti a mediolungo termine necessari per sostenere il citato processo di riorganizzazione, e sarà pertanto opportuno che le pmi italiane si rivolgano verso il mercato dei capitali e forme alternative di investimento, per ampliare il ventaglio delle risorse finanziarie disponibili. In questo senso il Piano della Commissione dell’Unione Europea del settembre 2020 sulla creazione di un Mercato Unico dei Capitali rappresenta un’importante occasione per aprire alle pmi europee la strada verso un’evoluzione che permetta loro di ripartire e meglio competere sui mercati globali, eliminando i tradizionali fattori di debolezza che le caratterizzano.
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