Fraternità senza terrore è un’espressione di Jean Paul Sartre. Il vecchio filosofo la usa in una discussa intervista con Benny Lévy prima di morire. Essa ricapitola il vero desiderio d’essere della filosofia esistenzialista: essere la sua medesima sovversione, o il progettare di perdersi, operare una conversione in cui il pensiero sceglie di rivolgersi a una morale, a un’etica, o, addirittura, a una teologia, il messianesimo ebraico, dove prima non c’era che l’angoscia e lo scacco della libertà, quando in fuga dalla malafede, la libertà che non ha principio che in sé stessa investe la speranza della sola carta che resta in mano all’azione degli uomini nello spazio in cui la vita si gioca come un’impresa mancata. L’espressione evoca i Sanculotti, del 1792, l’insurrezione che portò all’estremo possibile il proposito inaugurale della Rivoluzione, la sovranità popolare, mettendo in gioco nelle strade di Parigi il suo potere. È la fraternità di quegli insorti che è in questione nella storia. Un’idea che, come un’epifania, si manifesta universalmente ogni qual volta gli uomini lottano per la loro liberazione. Il saggio ricostruisce la tensione interna che percorre, in realtà, il tema della fraternità in Sartre e ripercorre le dure pagine della Critica della ragione dialettica sulla fraternità-terrore fino al loro superamento definitivo sulla soglia finale della sua vita. In questione c’è l’idea del popolo nella modernità. L’opposizione che lo caratterizza al suo interno sia nella sua etimologia sia nel suo concetto. La parola viene lasciata a Italo Mancini che interpreta la fraternità senza terrore alla stregua di un contromovimento positivo del pensiero di Sartre, che spiega come il fondamento della “filosofia della libertà” sia del tutto e completamente morale; un’idea rigeneratrice della quale l’intervista, che insieme sigilla vita e opera, non è che il sentiero interrotto di un possibile ethos del futuro: una traccia dell’essere con nonostante l’essere presso che ancora raccoglie e cinge la terra madre in cui egli l’ha radicata come fosse la sua patria vera. Fraternity without terror is an expression of Jean Paul Sartre. The old philosopher used such expression in a controversial interview with Benny Lévy before he died. The concept summarizes the true desire to be in existentialist philosophy: to be its own subversion, or to plan to lose oneself, to carry out a conversion in which thinking turns to morality, ethics, or even theology, Jewish messianism. Before the state of fraternity without terror there was nothing but anguish and failure; when fleeing from bad faith, the freedom that has no principle that in itself invests the hope of the only paper that remains in the hands of the action of men when life plays out as a failed enterprise. The concept evokes the 1792 Sanculotti insurrection that took the inaugural purpose of the Revolution, popular sovereignty, to the extreme, putting its power at stake in the streets of Paris. It is the fraternity of those insurgents that is in question in history. It is an idea that, similarly to an epiphany, is universally manifested every time men fight for their liberation. The essay reconstructs the internal tension that actually runs through the theme of fraternity in Sartre and retraces the pages of the Critique of dialectical reason on fraternity-terror until they are definitively overcome at the end of his life. At stake is the idea of the people in modernity and the inner opposition at the heart of people’s etymology and concept. The floor is left to Italo Mancini who interprets fraternity without terror as a positive counter-movement in Sartre's thought, which explains how the foundation of the "philosophy of freedom" is entirely and completely moral; the interview, which seals life and work together, is nothing more than the interrupted path of a possible ethos of the future: a trace of being with despite being close to which still gathers and surrounds the mother earth into which he rooted it as if it were his true homeland.

Per un ethos del futuro tra Jean Paul Sartre e Italo Manici

Domenico Scalzo
2022

Abstract

Fraternità senza terrore è un’espressione di Jean Paul Sartre. Il vecchio filosofo la usa in una discussa intervista con Benny Lévy prima di morire. Essa ricapitola il vero desiderio d’essere della filosofia esistenzialista: essere la sua medesima sovversione, o il progettare di perdersi, operare una conversione in cui il pensiero sceglie di rivolgersi a una morale, a un’etica, o, addirittura, a una teologia, il messianesimo ebraico, dove prima non c’era che l’angoscia e lo scacco della libertà, quando in fuga dalla malafede, la libertà che non ha principio che in sé stessa investe la speranza della sola carta che resta in mano all’azione degli uomini nello spazio in cui la vita si gioca come un’impresa mancata. L’espressione evoca i Sanculotti, del 1792, l’insurrezione che portò all’estremo possibile il proposito inaugurale della Rivoluzione, la sovranità popolare, mettendo in gioco nelle strade di Parigi il suo potere. È la fraternità di quegli insorti che è in questione nella storia. Un’idea che, come un’epifania, si manifesta universalmente ogni qual volta gli uomini lottano per la loro liberazione. Il saggio ricostruisce la tensione interna che percorre, in realtà, il tema della fraternità in Sartre e ripercorre le dure pagine della Critica della ragione dialettica sulla fraternità-terrore fino al loro superamento definitivo sulla soglia finale della sua vita. In questione c’è l’idea del popolo nella modernità. L’opposizione che lo caratterizza al suo interno sia nella sua etimologia sia nel suo concetto. La parola viene lasciata a Italo Mancini che interpreta la fraternità senza terrore alla stregua di un contromovimento positivo del pensiero di Sartre, che spiega come il fondamento della “filosofia della libertà” sia del tutto e completamente morale; un’idea rigeneratrice della quale l’intervista, che insieme sigilla vita e opera, non è che il sentiero interrotto di un possibile ethos del futuro: una traccia dell’essere con nonostante l’essere presso che ancora raccoglie e cinge la terra madre in cui egli l’ha radicata come fosse la sua patria vera. Fraternity without terror is an expression of Jean Paul Sartre. The old philosopher used such expression in a controversial interview with Benny Lévy before he died. The concept summarizes the true desire to be in existentialist philosophy: to be its own subversion, or to plan to lose oneself, to carry out a conversion in which thinking turns to morality, ethics, or even theology, Jewish messianism. Before the state of fraternity without terror there was nothing but anguish and failure; when fleeing from bad faith, the freedom that has no principle that in itself invests the hope of the only paper that remains in the hands of the action of men when life plays out as a failed enterprise. The concept evokes the 1792 Sanculotti insurrection that took the inaugural purpose of the Revolution, popular sovereignty, to the extreme, putting its power at stake in the streets of Paris. It is the fraternity of those insurgents that is in question in history. It is an idea that, similarly to an epiphany, is universally manifested every time men fight for their liberation. The essay reconstructs the internal tension that actually runs through the theme of fraternity in Sartre and retraces the pages of the Critique of dialectical reason on fraternity-terror until they are definitively overcome at the end of his life. At stake is the idea of the people in modernity and the inner opposition at the heart of people’s etymology and concept. The floor is left to Italo Mancini who interprets fraternity without terror as a positive counter-movement in Sartre's thought, which explains how the foundation of the "philosophy of freedom" is entirely and completely moral; the interview, which seals life and work together, is nothing more than the interrupted path of a possible ethos of the future: a trace of being with despite being close to which still gathers and surrounds the mother earth into which he rooted it as if it were his true homeland.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2709672
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