Tra le questioni al centro del dibattito dottrinale sui provvedimenti che nel corso della pandemia da Covid-19 si sono occupati di salute e sicurezza dei lavoratori, il tema delle misure di prevenzione destinate agli ambienti di lavoro non sanitari contenute nei protocolli condivisi con la parti sociali – inizialmente proposte come semplici raccomandazioni, poi divenute disposizioni inderogabili e vincolanti – ha ricevuto un’attenzione particolarissima soprattutto in ordine agli effetti che tutto ciò ha inevitabilmente determinato sul complessivo assetto delle fonti di disciplina. Partendo dal presupposto che l’emanazione della disciplina speciale sul rischio contagio da Sars Cov-2 ha definito modalità di più facile e rapida attuazione degli obblighi prevenzionali incombenti sui datori di lavoro, l’A. si interroga su quale possa esserne la corretta collocazione all’interno del corpus di norme che tutela la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. La tesi sostenuta è che il sistema di regole condivise definito nei protocolli abbia delineato un nuovo modello di organizzazione e di gestione, speciale, esclusivo e obbligatorio, la scrupolosa osservanza del quale è in grado di assicurare l’adempimento dell’obbligo di sicurezza ex art. 2087 c.c., come esplicitamente si riconosce nel discusso art. 29 bis della l. n. 40/2020. Nell’ambito di questo modello di organizzazione e gestione del rischio, le dinamiche partecipative hanno assunto un rilievo del tutto inedito, non limitato alla definizione delle misure, ma esteso alla loro applicazione e al loro eventuale aggiornamento, e ciò grazie all’istituzione di appositi comitati nei quali, accanto a tutti gli attori dei sistemi di prevenzione aziendale, Rls inclusi, siedono anche le rappresentanze sindacali. Al di là della composizione e dell’attività dei comitati anticovid, è sul coinvolgimento diretto del sindacato confederale e delle sue rappresentanze aziendali destinato a rafforzare il livello di effettività e di efficacia della prevenzione aziendale che occorre continuare a riflettere, cercando soprattutto di comprendere se si sia trattato di un’opzione esclusivamente destinata a essere archiviata con la fine della pandemia o piuttosto di un’eredità preziosa di cui occorre definitivamente appropriarsi.
La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori ai tempi della pandemia da Covid-19 (e oltre)
Luciano Angelini
2022
Abstract
Tra le questioni al centro del dibattito dottrinale sui provvedimenti che nel corso della pandemia da Covid-19 si sono occupati di salute e sicurezza dei lavoratori, il tema delle misure di prevenzione destinate agli ambienti di lavoro non sanitari contenute nei protocolli condivisi con la parti sociali – inizialmente proposte come semplici raccomandazioni, poi divenute disposizioni inderogabili e vincolanti – ha ricevuto un’attenzione particolarissima soprattutto in ordine agli effetti che tutto ciò ha inevitabilmente determinato sul complessivo assetto delle fonti di disciplina. Partendo dal presupposto che l’emanazione della disciplina speciale sul rischio contagio da Sars Cov-2 ha definito modalità di più facile e rapida attuazione degli obblighi prevenzionali incombenti sui datori di lavoro, l’A. si interroga su quale possa esserne la corretta collocazione all’interno del corpus di norme che tutela la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. La tesi sostenuta è che il sistema di regole condivise definito nei protocolli abbia delineato un nuovo modello di organizzazione e di gestione, speciale, esclusivo e obbligatorio, la scrupolosa osservanza del quale è in grado di assicurare l’adempimento dell’obbligo di sicurezza ex art. 2087 c.c., come esplicitamente si riconosce nel discusso art. 29 bis della l. n. 40/2020. Nell’ambito di questo modello di organizzazione e gestione del rischio, le dinamiche partecipative hanno assunto un rilievo del tutto inedito, non limitato alla definizione delle misure, ma esteso alla loro applicazione e al loro eventuale aggiornamento, e ciò grazie all’istituzione di appositi comitati nei quali, accanto a tutti gli attori dei sistemi di prevenzione aziendale, Rls inclusi, siedono anche le rappresentanze sindacali. Al di là della composizione e dell’attività dei comitati anticovid, è sul coinvolgimento diretto del sindacato confederale e delle sue rappresentanze aziendali destinato a rafforzare il livello di effettività e di efficacia della prevenzione aziendale che occorre continuare a riflettere, cercando soprattutto di comprendere se si sia trattato di un’opzione esclusivamente destinata a essere archiviata con la fine della pandemia o piuttosto di un’eredità preziosa di cui occorre definitivamente appropriarsi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.