Per le implicazioni cui dà luogo, una nuova lettura dei libri di Paolo ad Plautium potrebbe consentire di gettare uno sguardo ulteriore su quel fenomeno singolare cui è dedicato il titolo De diversis regulis iuris antiqui del Digesto di Giustiniano. Tale rubrica non ha precedenti e si richiama dichiaratamente all’antico diritto, suggerendo l’immagine di una particolare metodologia giuridica che aveva per i tempi in cui veniva creandosi il sapore della novità, ma che tutt’ora, a distanza di qualche secolo, conserva un suo specifico valore, un traguardo nell’evoluzione del pensiero giuridico, che però propone in sé continue possibilità di sviluppo. Il presente studio considera appunto, attraverso i testi paolini, alcuni ipotizzabili collegamenti di pensiero che si propongono di fronte alle stesse esigenze di formazione giuridica, di tecnica e di sapere. Con accenni all’opera di Labeone e, soprattutto, di Sabino (la cui influenza è riconosciuta dallo stesso Paolo nella famosa definizione di regula iuris, D. 50.17.1), e molto ipotizzando circa la natura e il significato dell’opera di Plauzio, l’indagine getta luce sulle origini del metodo e poi sulla diffusione e sull’applicazione della regula, in particolare nel diritto di età severiana. In tale quadro è riconosciuto a Paolo un ruolo di primo piano nel suo impiego. Sotto questo aspetto, dunque, un significato sicuro acquista la figura e l’opera di un giurista altrimenti poco conosciuto come Plauzio. Si viene a giustificare inoltre la fama che lo stesso Plauzio ebbe nel suo tempo e oltre, che gli valse il commento, conservato per brani nel Digesto, di altri illustri giuristi, oltre a Paolo, di Giavoleno, di Nerazio, di Pomponio, e, forse, anche di Giuliano.
SULLE REGULAE IURIS FRA I E III SECOLO: PAOLO COMMENTA PLAUZIO
Maria Luisa Biccari;Anna Maria Giomaro
2022
Abstract
Per le implicazioni cui dà luogo, una nuova lettura dei libri di Paolo ad Plautium potrebbe consentire di gettare uno sguardo ulteriore su quel fenomeno singolare cui è dedicato il titolo De diversis regulis iuris antiqui del Digesto di Giustiniano. Tale rubrica non ha precedenti e si richiama dichiaratamente all’antico diritto, suggerendo l’immagine di una particolare metodologia giuridica che aveva per i tempi in cui veniva creandosi il sapore della novità, ma che tutt’ora, a distanza di qualche secolo, conserva un suo specifico valore, un traguardo nell’evoluzione del pensiero giuridico, che però propone in sé continue possibilità di sviluppo. Il presente studio considera appunto, attraverso i testi paolini, alcuni ipotizzabili collegamenti di pensiero che si propongono di fronte alle stesse esigenze di formazione giuridica, di tecnica e di sapere. Con accenni all’opera di Labeone e, soprattutto, di Sabino (la cui influenza è riconosciuta dallo stesso Paolo nella famosa definizione di regula iuris, D. 50.17.1), e molto ipotizzando circa la natura e il significato dell’opera di Plauzio, l’indagine getta luce sulle origini del metodo e poi sulla diffusione e sull’applicazione della regula, in particolare nel diritto di età severiana. In tale quadro è riconosciuto a Paolo un ruolo di primo piano nel suo impiego. Sotto questo aspetto, dunque, un significato sicuro acquista la figura e l’opera di un giurista altrimenti poco conosciuto come Plauzio. Si viene a giustificare inoltre la fama che lo stesso Plauzio ebbe nel suo tempo e oltre, che gli valse il commento, conservato per brani nel Digesto, di altri illustri giuristi, oltre a Paolo, di Giavoleno, di Nerazio, di Pomponio, e, forse, anche di Giuliano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.