Provando a rileggere la teoria mimetica utilizzando le categorie canettiane di metamorfosi, comando e domesticazione, ci si accorge che il ruolo dell’oggetto del desiderio è più importante di quanto descritto da Girard. Lo studioso francese ha ragione nel porre in secondo piano le sue caratteristiche, e a spostare l’attenzione sul fatto che esso sia posseduto dal modello, ma quello che gli sfugge è che la completezza del modello non sta nella violenza con cui allontana il pericolo di essere detronizzato, quanto nella sua libertà di afferrare e ingoiare ciò che lo circonda. C’è la possibilità che quello descritto da Girard non sia un triangolo, che si debba aggiungere alla triade modello/oggetto/discepolo un quarto vertice rappresentato dal consumo. L’‘essere’ diventerebbe tutt’uno con il consumare, facendo coincidere la completezza con la sazietà. Se ciò fosse vero la violenza non sarebbe l’ultimo stadio del processo, ma un mezzo con cui far fronte a quella che potremmo definire come una ‘crisi della soddisfazione’, in cui la perdita delle differenze coincide con una domesticazione che non riesce più a dare sollievo alla fame di chi attende di essere ‘nutrito’. Più la società si fa complessa, più le relazioni si diversificano in miriadi di gerarchie, rendendo di fatto sempre più difficile la possibilità di chiamarsi fuori da uno schema che ha nella volontarietà il proprio punto di forza. L’imporsi della retorica individualista, con il suo carico di superomismo posticcio, ha aggravato le cose, spostando l’asse della responsabilità sul singolo, indebolendo di fatto la sua capacità di resistenza. L’attesa di metamorfosi che Girard individua tra i personaggi dei romanzi, si salda così con la “promozione” descritta da Canetti, la prospettiva di una rinascita sotto nuove sembianze che non è un atto creativo, ma l’esatto contrario. Mimetismo e domesticazione sembrano facce di una medaglia in cui il rapporto corruttivo che lega il suddito al potere, e quello che inchioda il discepolo al suo modello, sono il risultato di una simbiosi in cui ognuno dei poli si condanna alla dipendenza dall’altro. Il potere che non viene obbedito teme di perdere la propria legittimità, così come il modello che non riceve adulazione sente venir meno la propria superiorità, il problema è che né il discepolo né il suddito sono nelle condizioni di comprendere quanto la loro cooperazione sia necessaria, condannandosi così ad una sottomissione che sfocia nella complicità.

“Il desiderio che uccide. Mimesi e metamorfosi in Elias Canetti e René Girard”

Cristiano Maria Bellei
2022

Abstract

Provando a rileggere la teoria mimetica utilizzando le categorie canettiane di metamorfosi, comando e domesticazione, ci si accorge che il ruolo dell’oggetto del desiderio è più importante di quanto descritto da Girard. Lo studioso francese ha ragione nel porre in secondo piano le sue caratteristiche, e a spostare l’attenzione sul fatto che esso sia posseduto dal modello, ma quello che gli sfugge è che la completezza del modello non sta nella violenza con cui allontana il pericolo di essere detronizzato, quanto nella sua libertà di afferrare e ingoiare ciò che lo circonda. C’è la possibilità che quello descritto da Girard non sia un triangolo, che si debba aggiungere alla triade modello/oggetto/discepolo un quarto vertice rappresentato dal consumo. L’‘essere’ diventerebbe tutt’uno con il consumare, facendo coincidere la completezza con la sazietà. Se ciò fosse vero la violenza non sarebbe l’ultimo stadio del processo, ma un mezzo con cui far fronte a quella che potremmo definire come una ‘crisi della soddisfazione’, in cui la perdita delle differenze coincide con una domesticazione che non riesce più a dare sollievo alla fame di chi attende di essere ‘nutrito’. Più la società si fa complessa, più le relazioni si diversificano in miriadi di gerarchie, rendendo di fatto sempre più difficile la possibilità di chiamarsi fuori da uno schema che ha nella volontarietà il proprio punto di forza. L’imporsi della retorica individualista, con il suo carico di superomismo posticcio, ha aggravato le cose, spostando l’asse della responsabilità sul singolo, indebolendo di fatto la sua capacità di resistenza. L’attesa di metamorfosi che Girard individua tra i personaggi dei romanzi, si salda così con la “promozione” descritta da Canetti, la prospettiva di una rinascita sotto nuove sembianze che non è un atto creativo, ma l’esatto contrario. Mimetismo e domesticazione sembrano facce di una medaglia in cui il rapporto corruttivo che lega il suddito al potere, e quello che inchioda il discepolo al suo modello, sono il risultato di una simbiosi in cui ognuno dei poli si condanna alla dipendenza dall’altro. Il potere che non viene obbedito teme di perdere la propria legittimità, così come il modello che non riceve adulazione sente venir meno la propria superiorità, il problema è che né il discepolo né il suddito sono nelle condizioni di comprendere quanto la loro cooperazione sia necessaria, condannandosi così ad una sottomissione che sfocia nella complicità.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2712471
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