Il 2016, più volte prefigurato come l’anno della svolta per la digitalizzazione nel mondo delle costruzioni, è arrivato con il suo retaggio di promesse, obiettivi raggiunti ed occasioni mancate. Se nel settentrione d’Europa, in particolare nel Regno Unito e nei paesi nordici, quest’orizzonte temporale ha segnato una prima importante deadline nell’affrontare la transizione verso processi costruttivi integrati sempre più necessari, in Italia l’innovazione nella progettazione e nei suoi strumenti percorre ancora due binari distinti, a diverse velocità. Da un lato i software, che stanno sempre più rapidamente specializzandosi e moltiplicandosi, nell’attesa di una rispondenza a piani normativi che stentano ancora a decollare; dall’altro l’ecosistema dei progettisti, ricchi di potenziale tecnico e culturale, tuttavia disorientati da un cambiamento inevitabile, dettato dallo spettro della crisi economica, verso un futuro dai tratti non ancora ben definiti. E’ forse questo sottobosco di studi tecnici, imprenditori e piccole aziende però che potrebbe costituire il terreno più fertile per la nuova crescita. Questi, infatti, sono gli attori protagonisti di un nuovo modo di intendere la collaborazione coordinata nella “centralità del progetto”, per usare un’espressione abusata dai media che il più delle volte ne ignorano il significato intrinseco. Se l’innovazione è declinata alla consapevolezza di una tradizione costruttiva che vede nel progetto la pianificazione strategica degli interventi, al pari di una concertazione di figure collaboranti pur mantenendo l’autorialità e la responsabilità dei singoli, essa può intervenire con vantaggio a tutti i livelli, non solo nelle grandi opere o nelle commesse estere dei mercati più favorevoli. L’adozione di processi di digitalizzazione integrata, l’interoperabilità degli strumenti e la multidisciplinarietà dei saperi sono attitudini che si rivelano strategiche anche per le attività del piccolo studio, che magari cerca un’ottimizzazione di tempi e risorse o che si vuole candidare a collaborazioni con strutture più globalizzate.

L’innovazione multiscalare: dal singolo edificio alla città intelligente

Garagnani, Simone
2016

Abstract

Il 2016, più volte prefigurato come l’anno della svolta per la digitalizzazione nel mondo delle costruzioni, è arrivato con il suo retaggio di promesse, obiettivi raggiunti ed occasioni mancate. Se nel settentrione d’Europa, in particolare nel Regno Unito e nei paesi nordici, quest’orizzonte temporale ha segnato una prima importante deadline nell’affrontare la transizione verso processi costruttivi integrati sempre più necessari, in Italia l’innovazione nella progettazione e nei suoi strumenti percorre ancora due binari distinti, a diverse velocità. Da un lato i software, che stanno sempre più rapidamente specializzandosi e moltiplicandosi, nell’attesa di una rispondenza a piani normativi che stentano ancora a decollare; dall’altro l’ecosistema dei progettisti, ricchi di potenziale tecnico e culturale, tuttavia disorientati da un cambiamento inevitabile, dettato dallo spettro della crisi economica, verso un futuro dai tratti non ancora ben definiti. E’ forse questo sottobosco di studi tecnici, imprenditori e piccole aziende però che potrebbe costituire il terreno più fertile per la nuova crescita. Questi, infatti, sono gli attori protagonisti di un nuovo modo di intendere la collaborazione coordinata nella “centralità del progetto”, per usare un’espressione abusata dai media che il più delle volte ne ignorano il significato intrinseco. Se l’innovazione è declinata alla consapevolezza di una tradizione costruttiva che vede nel progetto la pianificazione strategica degli interventi, al pari di una concertazione di figure collaboranti pur mantenendo l’autorialità e la responsabilità dei singoli, essa può intervenire con vantaggio a tutti i livelli, non solo nelle grandi opere o nelle commesse estere dei mercati più favorevoli. L’adozione di processi di digitalizzazione integrata, l’interoperabilità degli strumenti e la multidisciplinarietà dei saperi sono attitudini che si rivelano strategiche anche per le attività del piccolo studio, che magari cerca un’ottimizzazione di tempi e risorse o che si vuole candidare a collaborazioni con strutture più globalizzate.
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