Ammirato da molti pittori suoi contemporanei per la coinvolgente verità della sua pittura e dei suoi ritratti, Antonio Mancini (1852–1930) è una delle personalità più originali della pittura realista italiana. Inventa un modo di dipingere in cui il colore è inteso anche come materia, in un’epoca nella quale solo pochissimi pittori percorrevano una via simile, del tutto in contrasto con i dettami dell’Accademia. Addirittura rivoluzionario sarà l’impiego di materiali non pittorici all’interno dei suoi quadri — tra cui carte argentate o dorate, schegge di vetro, frammenti di specchio e madreperla — volti a esaltare l’effetto della luce, ma certo desti-nati anche a colpire l’osservatore, sia per la bizzarria, sia per la necessità del pittore di lavorare in accumulo, con significativi spessori. Nel caso di Mancini, i consueti motivi che danno significato a una ricerca analitica — quali lo studio dei materiali e della tecnica esecutiva — si arricchiscono di ulteriori valenze: la sua lunghissima carriera, iniziata precocemente pochi anni dopo l’unità d’Italia e conclusasi ben dentro il Novecento, la notevole evoluzione stilistica, le peculiarità tecniche e la mancanza a tutt’oggi di dati tecnico-scientifici sulle sue opere rendono infatti particolarmente interessante la possibilità di studiarne in maniera approfondita un numero significativo. In occasione di una mostra milanese dedicata al pittore, presso Bottegantica, è stato possibile eseguire indagini scientifiche su trentacinque dipinti di collezione privata, rappresentativi di diverse fasi della sua carriera, e su una delle tavolozze ancora esistenti, appartenente all’ultimo periodo. Si tratta di analisi non invasive di tipo multispettrale (nelle bande dello spettro visibile, UV e IR), adatte a comprendere alcune questioni esecutive e conservative, e di tipo spettroscopico non invasivo (XRF, vis-RS), utili a riconoscere i pigmenti impiegati; infine analisi micro-invasive (microscopia ottica, ESEM/EDX e micro-FTIR su cross-sections) necessarie ad approfondire materiali e stratificazioni delle stesure campionate. I risultati ottenuti permettono così di porre le basi per ricostruire l’evoluzione del pensiero tecnico di Mancini, sia in relazione alle modalità grafiche, emerse dalle analisi riflettografiche, sia riguardo ai materiali pittorici in senso stretto e a quelli più inusuali, che contribuivano nella fase più tarda ad accentuare l’effetto materico delle sue opere.

Antonio Mancini. Evoluzione tecnica di un realista visionario

Gianluca Poldi
Writing – Original Draft Preparation
;
Maria Letizia Amadori
Writing – Original Draft Preparation
2021

Abstract

Ammirato da molti pittori suoi contemporanei per la coinvolgente verità della sua pittura e dei suoi ritratti, Antonio Mancini (1852–1930) è una delle personalità più originali della pittura realista italiana. Inventa un modo di dipingere in cui il colore è inteso anche come materia, in un’epoca nella quale solo pochissimi pittori percorrevano una via simile, del tutto in contrasto con i dettami dell’Accademia. Addirittura rivoluzionario sarà l’impiego di materiali non pittorici all’interno dei suoi quadri — tra cui carte argentate o dorate, schegge di vetro, frammenti di specchio e madreperla — volti a esaltare l’effetto della luce, ma certo desti-nati anche a colpire l’osservatore, sia per la bizzarria, sia per la necessità del pittore di lavorare in accumulo, con significativi spessori. Nel caso di Mancini, i consueti motivi che danno significato a una ricerca analitica — quali lo studio dei materiali e della tecnica esecutiva — si arricchiscono di ulteriori valenze: la sua lunghissima carriera, iniziata precocemente pochi anni dopo l’unità d’Italia e conclusasi ben dentro il Novecento, la notevole evoluzione stilistica, le peculiarità tecniche e la mancanza a tutt’oggi di dati tecnico-scientifici sulle sue opere rendono infatti particolarmente interessante la possibilità di studiarne in maniera approfondita un numero significativo. In occasione di una mostra milanese dedicata al pittore, presso Bottegantica, è stato possibile eseguire indagini scientifiche su trentacinque dipinti di collezione privata, rappresentativi di diverse fasi della sua carriera, e su una delle tavolozze ancora esistenti, appartenente all’ultimo periodo. Si tratta di analisi non invasive di tipo multispettrale (nelle bande dello spettro visibile, UV e IR), adatte a comprendere alcune questioni esecutive e conservative, e di tipo spettroscopico non invasivo (XRF, vis-RS), utili a riconoscere i pigmenti impiegati; infine analisi micro-invasive (microscopia ottica, ESEM/EDX e micro-FTIR su cross-sections) necessarie ad approfondire materiali e stratificazioni delle stesure campionate. I risultati ottenuti permettono così di porre le basi per ricostruire l’evoluzione del pensiero tecnico di Mancini, sia in relazione alle modalità grafiche, emerse dalle analisi riflettografiche, sia riguardo ai materiali pittorici in senso stretto e a quelli più inusuali, che contribuivano nella fase più tarda ad accentuare l’effetto materico delle sue opere.
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