Si può dire che nell’Età moderna Giovanni Battista Riccioli (1598-1671) abbia fatto parlare spesso di sé. Lo menzionano Johannes Hevelius e Christiaan Huygens, è nota la sua collaborazione con Francesco Maria Grimaldi, è fitta la sua corrispondenza, tra gli altri, tra gli altri, con Giannantonio Rocca, Athanasius Kircher e Giovanni Domenico Cassini. Ancora nel Settecento, saranno i francesi Jérôme Lalande e Joseph-Nicolas De L’Isle a citarlo. Eppure, nel corso del XIX e del XX secolo, assistiamo al progressivo oblio di Riccioli: a dispetto delle serrate discussioni sui concetti di progresso e di metodo scientifico, di theory-ladenness e di conoscenza tacita, di paradigmi e di programmi di ricerca, la filosofia e la storia della scienza, nel moltiplicarsi delle questioni epistemologiche e nella ricognizione di innumerevoli case studies, hanno perso le tracce di questo geniale astronomo. Il gesuita Riccioli legge e corregge lo stimatissimo Kepler, colui che a sua volta aveva letto e corretto Tycho Brahe. È polemico con Copernico, molto critico di Tolomeo, convinto sostenitore dell’importanza dei dati empirici e delle prove fisiche in astronomia. È, infine, teologo di vaglia, talora in aperto contrasto con la sua Istituzione, fautore dell’universo finito, avversatore delle Intelligenze celesti, assertore della necessità di una causa prima. Questo libro restituisce alla storia della scienza un pensatore gigantesco e dimenticato. E ci consegna un utile passepartout per indagare l’altra Rivoluzione scientifica: non quella degli scienziati temerari ma quella degli scienziati perplessi, poco amati e molto competenti, armati di argomenti calzanti e meritevoli di nuova considerazione.
Cieli in contraddizione. Giovanni Battista Riccioli e il terzo sistema del mondo
MARCACCI F
2018
Abstract
Si può dire che nell’Età moderna Giovanni Battista Riccioli (1598-1671) abbia fatto parlare spesso di sé. Lo menzionano Johannes Hevelius e Christiaan Huygens, è nota la sua collaborazione con Francesco Maria Grimaldi, è fitta la sua corrispondenza, tra gli altri, tra gli altri, con Giannantonio Rocca, Athanasius Kircher e Giovanni Domenico Cassini. Ancora nel Settecento, saranno i francesi Jérôme Lalande e Joseph-Nicolas De L’Isle a citarlo. Eppure, nel corso del XIX e del XX secolo, assistiamo al progressivo oblio di Riccioli: a dispetto delle serrate discussioni sui concetti di progresso e di metodo scientifico, di theory-ladenness e di conoscenza tacita, di paradigmi e di programmi di ricerca, la filosofia e la storia della scienza, nel moltiplicarsi delle questioni epistemologiche e nella ricognizione di innumerevoli case studies, hanno perso le tracce di questo geniale astronomo. Il gesuita Riccioli legge e corregge lo stimatissimo Kepler, colui che a sua volta aveva letto e corretto Tycho Brahe. È polemico con Copernico, molto critico di Tolomeo, convinto sostenitore dell’importanza dei dati empirici e delle prove fisiche in astronomia. È, infine, teologo di vaglia, talora in aperto contrasto con la sua Istituzione, fautore dell’universo finito, avversatore delle Intelligenze celesti, assertore della necessità di una causa prima. Questo libro restituisce alla storia della scienza un pensatore gigantesco e dimenticato. E ci consegna un utile passepartout per indagare l’altra Rivoluzione scientifica: non quella degli scienziati temerari ma quella degli scienziati perplessi, poco amati e molto competenti, armati di argomenti calzanti e meritevoli di nuova considerazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.