Nell’Estetica trascendentale, “sensibile” significa “intuibile spazio-temporalmente”. Non, quindi, “sentito” ma “percepito”. La ricettività primordiale e radicale caratteristica della sensazione come modificazione è esclusa dall’analisi trascendentale insieme a quel fuori o quid extra-sensibile cui è legata in un’apriorità più fondamentale rispetto a quella delle categorie. In conseguenza di ciò, non soltanto l’efficacia della confutazione kantiana dell’idealismo si trova compromessa. Finché la sensazione giace inerte e atomica, come “materia della percezione” e dei fenomeni in generale, ai piedi della ragion pura, la stessa estetica trascendentale rischia di rimanere un’estetica di seconda mano: una scienza del sensibile e non, come sarebbe se fosse davvero trascendentale secondo Deleuze, una scienza apodittica dell’essere del sensibile. La stessa cosa possiamo esprimerla in un altro modo: finché il grado che Kant associa a ogni Empfindung esponendo il principio delle Anticipazioni della percezione è assunto come la qualità che spetta alla sensazione-materia occupante lo spazio e il tempo alla stregua di un positum percettivo invece che come la qualità con cui, materiandosi, la sensazione inventa il suo spazio e il suo tempo, esso resta una misura solo astratta rispetto a ciò di cui è misura. In quanto segue, quindi, si cercherà di far luce sulle ripercussioni di entrambe queste due mosse per la teoria critica della conoscenza, con particolare riferimento alle analisi che, del principio del grado, hanno offerto Heidegger e Scaravelli nei loro lavori sul tema

Alle radici dell’esperienza possibile: la sensazione come modificazione e le conseguenze della sua esclusione dalla Critica della ragion pura.

CAMPO A
2022

Abstract

Nell’Estetica trascendentale, “sensibile” significa “intuibile spazio-temporalmente”. Non, quindi, “sentito” ma “percepito”. La ricettività primordiale e radicale caratteristica della sensazione come modificazione è esclusa dall’analisi trascendentale insieme a quel fuori o quid extra-sensibile cui è legata in un’apriorità più fondamentale rispetto a quella delle categorie. In conseguenza di ciò, non soltanto l’efficacia della confutazione kantiana dell’idealismo si trova compromessa. Finché la sensazione giace inerte e atomica, come “materia della percezione” e dei fenomeni in generale, ai piedi della ragion pura, la stessa estetica trascendentale rischia di rimanere un’estetica di seconda mano: una scienza del sensibile e non, come sarebbe se fosse davvero trascendentale secondo Deleuze, una scienza apodittica dell’essere del sensibile. La stessa cosa possiamo esprimerla in un altro modo: finché il grado che Kant associa a ogni Empfindung esponendo il principio delle Anticipazioni della percezione è assunto come la qualità che spetta alla sensazione-materia occupante lo spazio e il tempo alla stregua di un positum percettivo invece che come la qualità con cui, materiandosi, la sensazione inventa il suo spazio e il suo tempo, esso resta una misura solo astratta rispetto a ciò di cui è misura. In quanto segue, quindi, si cercherà di far luce sulle ripercussioni di entrambe queste due mosse per la teoria critica della conoscenza, con particolare riferimento alle analisi che, del principio del grado, hanno offerto Heidegger e Scaravelli nei loro lavori sul tema
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2746464
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