Negli ultimi anni i social network hanno trasformato il modo di comunicare, informarsi ed interagire con il mondo. Piattaforme come Facebook, X (ex Twitter), Instagram e TikTok sono diventate ecosistemi in cui si creano opinioni, si diffondono notizie e si costruiscono identità digitali. L’impatto di questi mezzi è tale da influenzare non solo le relazioni personali e l’equilibrio psicologico, ma anche il modo in cui si prendono decisioni. L’accesso immediato ad un’enorme quantità di informazioni ha reso questi spazi virtuali un’arma a doppio taglio: se da un lato offrono opportunità di partecipazione al dibattito pubblico, dall’altro espongono gli utenti a fenomeni come la disinformazione e la polarizzazione delle opinioni. Gli algoritmi che regolano la visibilità dei contenuti sono infatti programmati per rafforzare le convinzioni preesistenti, limitando di fatto il confronto con idee divergenti, e questo meccanismo ha conseguenze dirette sulla formazione del consenso e sulla percezione della realtà. L’odierna partecipazione ai processi democratici è così caratterizzata da una duplice condizione: un’iper-visibilità algoritmica da un lato, e una forma di evanescenza politica dall’altro. Le piattaforme digitali amplificano il ruolo dell’elettore come produttore e consumatore di contenuti, tracciandone costantemente le preferenze attraverso l’analisi dei suoi dati, ma questa sovrabbondanza di espressioni difficilmente si traduce in una accresciuta capacità di incidere sulla governance. L’elettore rischia così di trasformarsi in un fantasma digitale, un’entità che lascia tracce della propria presenza, ma che viene manipolata e influenzata proprio per la sua scarsa capacità di autodeterminazione. In questo contesto il voto non è più solo un atto civico compiuto periodicamente, ma un insieme continuo di micro-espressioni politiche (like, condivisioni, commenti) che vengono registrate, analizzate e sfruttate per costruire profili predittivi. Il concetto di fantasma digitale può essere applicato anche alla manipolazione dell’elettorato attraverso campagne di astroturfing fake news e bot politici. L’elettore digitale diventa una sorta di spettro: un’entità dai contorni sfuggenti il cui pensiero è plasmato da altre forze invisibili, una figura e che, pur essendo tecnicamente presente nello spazio pubblico digitale, non ha il pieno controllo sulle proprie scelte. La frustrazione che pervade i fantasmi digitali non è solo una reazione alla percezione di impotenza politica, ma è intimamente legata alla struttura dei social network che alimenta il senso di inadeguatezza e disconnessione. Le piattaforme digitali, progettate per promuovere visibilità e interazione, creano in realtà un ambiente in cui l’utente si trova costantemente bombardato da immagini distorte della realtà. Gli altri sembrano avere vite più gratificanti, politicamente più influenti e socialmente più soddisfacenti. Costruire un sé soddisfatto partendo dal continuo confronto con queste versioni idealizzate, porta gli utenti a percepire la propria vita come inferiore e incompleta. La frustrazione cresce così in modo esponenziale, accompagnata da una sensazione di inadeguatezza che porta a credere che il sistema sia inaccessibile, lontano e ingiusto. Questo crea un terreno fertile per sentimenti di alienazione e rabbia che vengono incanalati proprio nel cyberspazio, là dove l’interazione è più immediata e apparentemente senza filtri. Come cercheremo di dimostrare, tutto questo porta il fantasma digitale alla ricerca incessante di un corpo che non sia evanescente ed imperfetto, ma che dia forma a quegli ideali di potenza e fermezza di cui sente la mancanza. Circondato da influencer e illusionisti di ogni genere, immerso in un flusso incessante di dati contraddizioni che non riesce a gestire, il fantasma digitale cerca una incarnazione che sia per sempre, qualcosa che lo sottragga alla pressione di modelli e desideri troppo perfetti da raggiungere. La domanda che dobbiamo porci è se questa situazione sia o meno propedeutica alla rinascita di regimi autoritari, se la frammentazione delle esistenze all’interno di spazi sociali in cui verità e verosimile si scambiano di posto giocando con le emozioni, spinga i cittadini verso forme di populismo digitale il cui fine ultimo è quello di azzerare la complessità e le differenze. Parafrasando brutalmente Hegel, potremmo chiederci: “se ciò che è virale diventa reale, che fine fa il razionale?”.

Il ritorno del Leviatano? Fantasmi digitali e Corpo politico

Cristiano Maria Bellei
2025

Abstract

Negli ultimi anni i social network hanno trasformato il modo di comunicare, informarsi ed interagire con il mondo. Piattaforme come Facebook, X (ex Twitter), Instagram e TikTok sono diventate ecosistemi in cui si creano opinioni, si diffondono notizie e si costruiscono identità digitali. L’impatto di questi mezzi è tale da influenzare non solo le relazioni personali e l’equilibrio psicologico, ma anche il modo in cui si prendono decisioni. L’accesso immediato ad un’enorme quantità di informazioni ha reso questi spazi virtuali un’arma a doppio taglio: se da un lato offrono opportunità di partecipazione al dibattito pubblico, dall’altro espongono gli utenti a fenomeni come la disinformazione e la polarizzazione delle opinioni. Gli algoritmi che regolano la visibilità dei contenuti sono infatti programmati per rafforzare le convinzioni preesistenti, limitando di fatto il confronto con idee divergenti, e questo meccanismo ha conseguenze dirette sulla formazione del consenso e sulla percezione della realtà. L’odierna partecipazione ai processi democratici è così caratterizzata da una duplice condizione: un’iper-visibilità algoritmica da un lato, e una forma di evanescenza politica dall’altro. Le piattaforme digitali amplificano il ruolo dell’elettore come produttore e consumatore di contenuti, tracciandone costantemente le preferenze attraverso l’analisi dei suoi dati, ma questa sovrabbondanza di espressioni difficilmente si traduce in una accresciuta capacità di incidere sulla governance. L’elettore rischia così di trasformarsi in un fantasma digitale, un’entità che lascia tracce della propria presenza, ma che viene manipolata e influenzata proprio per la sua scarsa capacità di autodeterminazione. In questo contesto il voto non è più solo un atto civico compiuto periodicamente, ma un insieme continuo di micro-espressioni politiche (like, condivisioni, commenti) che vengono registrate, analizzate e sfruttate per costruire profili predittivi. Il concetto di fantasma digitale può essere applicato anche alla manipolazione dell’elettorato attraverso campagne di astroturfing fake news e bot politici. L’elettore digitale diventa una sorta di spettro: un’entità dai contorni sfuggenti il cui pensiero è plasmato da altre forze invisibili, una figura e che, pur essendo tecnicamente presente nello spazio pubblico digitale, non ha il pieno controllo sulle proprie scelte. La frustrazione che pervade i fantasmi digitali non è solo una reazione alla percezione di impotenza politica, ma è intimamente legata alla struttura dei social network che alimenta il senso di inadeguatezza e disconnessione. Le piattaforme digitali, progettate per promuovere visibilità e interazione, creano in realtà un ambiente in cui l’utente si trova costantemente bombardato da immagini distorte della realtà. Gli altri sembrano avere vite più gratificanti, politicamente più influenti e socialmente più soddisfacenti. Costruire un sé soddisfatto partendo dal continuo confronto con queste versioni idealizzate, porta gli utenti a percepire la propria vita come inferiore e incompleta. La frustrazione cresce così in modo esponenziale, accompagnata da una sensazione di inadeguatezza che porta a credere che il sistema sia inaccessibile, lontano e ingiusto. Questo crea un terreno fertile per sentimenti di alienazione e rabbia che vengono incanalati proprio nel cyberspazio, là dove l’interazione è più immediata e apparentemente senza filtri. Come cercheremo di dimostrare, tutto questo porta il fantasma digitale alla ricerca incessante di un corpo che non sia evanescente ed imperfetto, ma che dia forma a quegli ideali di potenza e fermezza di cui sente la mancanza. Circondato da influencer e illusionisti di ogni genere, immerso in un flusso incessante di dati contraddizioni che non riesce a gestire, il fantasma digitale cerca una incarnazione che sia per sempre, qualcosa che lo sottragga alla pressione di modelli e desideri troppo perfetti da raggiungere. La domanda che dobbiamo porci è se questa situazione sia o meno propedeutica alla rinascita di regimi autoritari, se la frammentazione delle esistenze all’interno di spazi sociali in cui verità e verosimile si scambiano di posto giocando con le emozioni, spinga i cittadini verso forme di populismo digitale il cui fine ultimo è quello di azzerare la complessità e le differenze. Parafrasando brutalmente Hegel, potremmo chiederci: “se ciò che è virale diventa reale, che fine fa il razionale?”.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2764991
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