L’articolo Del gioco e del tempo libero nel Giorno della Memoria analizza il ruolo del gioco e delle attività ricreative come strumenti di sopravvivenza, protezione e resistenza psicologica nei lager nazisti, prendendo spunto dal film La vita è bella di Roberto Benigni e dagli scritti di Primo Levi. Nel film, il protagonista Guido trasforma la brutalità del campo di concentramento in un gioco per proteggere il figlio Giosuè, preservandone l’innocenza e affermando l’umanità di fronte alla barbarie. Il gioco e il tempo libero diventano strumenti salvifici, capaci di mantenere la dignità, rafforzare i legami familiari e creare momenti di speranza e leggerezza. L’analisi si estende alla realtà storica dei lager, dove le attività ludiche e ricreative, sebbene rare e spesso clandestine, fornivano un rifugio mentale e un mezzo di resistenza morale. Cantare, raccontare storie, praticare esercizi intellettuali o culturali, e persino scherzare, permetteva ai prigionieri di conservare frammenti di umanità e identità personale. Primo Levi evidenzia come tali momenti di “non lavoro” fossero essenziali per la sopravvivenza psicologica e per contrastare la disumanizzazione imposta dal regime. Il gioco assume anche un valore simbolico, rappresentando un’alternativa alla logica di annientamento e un modo per ritrovare comunità, solidarietà e senso di sé. L’articolo sottolinea come il tempo libero e il gioco, pur in contesti estremamente ostili, possano costituire atti di ribellione morale e strategie di resilienza, rivelando l’importanza della dimensione ludica nella costruzione e nel mantenimento dell’umanità, della dignità e della speranza anche nelle circostanze più tragiche.

Del gioco e del tempo libero nel Giorno della Memoria.

Massimo Stefano Russo
2025

Abstract

L’articolo Del gioco e del tempo libero nel Giorno della Memoria analizza il ruolo del gioco e delle attività ricreative come strumenti di sopravvivenza, protezione e resistenza psicologica nei lager nazisti, prendendo spunto dal film La vita è bella di Roberto Benigni e dagli scritti di Primo Levi. Nel film, il protagonista Guido trasforma la brutalità del campo di concentramento in un gioco per proteggere il figlio Giosuè, preservandone l’innocenza e affermando l’umanità di fronte alla barbarie. Il gioco e il tempo libero diventano strumenti salvifici, capaci di mantenere la dignità, rafforzare i legami familiari e creare momenti di speranza e leggerezza. L’analisi si estende alla realtà storica dei lager, dove le attività ludiche e ricreative, sebbene rare e spesso clandestine, fornivano un rifugio mentale e un mezzo di resistenza morale. Cantare, raccontare storie, praticare esercizi intellettuali o culturali, e persino scherzare, permetteva ai prigionieri di conservare frammenti di umanità e identità personale. Primo Levi evidenzia come tali momenti di “non lavoro” fossero essenziali per la sopravvivenza psicologica e per contrastare la disumanizzazione imposta dal regime. Il gioco assume anche un valore simbolico, rappresentando un’alternativa alla logica di annientamento e un modo per ritrovare comunità, solidarietà e senso di sé. L’articolo sottolinea come il tempo libero e il gioco, pur in contesti estremamente ostili, possano costituire atti di ribellione morale e strategie di resilienza, rivelando l’importanza della dimensione ludica nella costruzione e nel mantenimento dell’umanità, della dignità e della speranza anche nelle circostanze più tragiche.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11576/2765178
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