L’educazione allo sviluppo del talento rappresenta una delle sfide principali alle quali una scuola che aspiri a essere pienamente inclusiva deve tendere. Nonostante ciò, persiste spesso, anche tra i docenti, l’idea che questo rappresenti una dote eccezionale a disposizione di pochi individui – visione romantica del talento (Becchi, 1962) – e che, per tale ragione, la sua valorizzazione non richieda l’attivazione di interventi mirati (Brazzolotto, 2020). In realtà, «la dotazione può diventare talento attraverso un processo di sviluppo cui contribuiscono l’apprendimento formale, informale e l’esercizio pratico» (Vinci & Sgambelluri, 2020, p. 256). Tale osservazione risulta imprescindibile per considerare in modo adeguato la plusdotazione cognitiva, che costituisce un bisogno educativo speciale tuttora poco conosciuto dai docenti. Spesso le/gli studentesse/i ad alto potenziale vivono nei contesti scolastici una situazione di estraniamento, noia e demotivazione, con conseguente rischio di abbandono scolastico (Lucangeli, 2019, Zanetti, 2017). Tali difficoltà sono riconducibili in gran parte non tanto a criticità insite nell’individuo, quanto piuttosto a un modo di strutturare i processi di insegnamento-apprendimento, che risultano rigidi e incapaci di rispondere in modo mirato ai bisogni individuali. All’interno di un contesto scolastico teso alla normalizzazione, alcune caratteristiche riconducibili al funzionamento cognitivo proprio della plusdotazione – quali, ad esempio, la tendenza all’autonomia, il ricorso al pensiero divergente, la ricerca di soluzioni alternative – possono risultare perturbanti rispetto al consolidamento di routine pensate per il mainstream. Ne consegue che a scuola le risorse individuali rischiano di trasformarsi per l’allieva/o con plusdotazione in ostacoli che possono inficiare la sua piena partecipazione alle attività proposte nei contesti scolastici. Affinché possa costituirsi un contesto scolastico autenticamente inclusivo, è indispensabile adottare diverse strategie didattiche, volte ad aumentare abilità cognitive e sociali delle/gli allieve/i (Buccolo, Pilotti & Travaglini, 2021). Nello specifico, è importante predisporre processi di insegnamento-apprendimento ispirati ai principi della differenziazione didattica (Tomlinson, 2014), che incidano congiuntamente sulla predisposizione di spazi, tempi e curricula flessibili, in grado di rispondere alle esigenze formative delle/gli allieve/i. La differenziazione non è dettata pertanto, in modo esclusivo, dalla necessità di predisporre percorsi diversificati in relazione alla presenza, in classe, di allievi con bisogni educativi speciali, in quanto costituisce un’opportunità per gestire la classe in modo tale da poter valorizzare pienamente le risorse di tutte/i le/gli allieve/i (Bocci, 2015). All’interno di tale prospettiva, un ruolo privilegiato è svolto dalle competenze emotive del docente, che deve porsi all’interno del contesto classe come un facilitatore, un promotore del benessere individuale e collettivo, creando un clima costruttivo e collaborativo. La/il docente si configura, infatti, come il professionista “e-motivo” e “in-clusivo” (Buccolo, 2021) che, servendosi di vari approcci e metodologie (circle time, drammatizzazioni, metodo autobiografico), è in grado di consentire a tutte/i gli allieve/i di esprimere i propri vissuti, creando un filo tra esperienze passate e presente. Tale aspetto si rivela di estrema importanza per le/gli allieve/i con plusdotazione le/i quali, come evidenziato da Neihart e Betts (2010), possono presentare alcune criticità quali, ad esempio, comportamenti oppositivi e aggressivi; difficoltà nella regolazione e modulazione emotiva; rendimento scolastico altalenante, ecc. È indispensabile, allora, per consentire a tutti i talenti di essere riconosciuti e valorizzati nel contesto scolastico (Margiotta, 2018), introdurre nuovi paradigmi interpretativi, che rifiutino logiche di normalizzazione e standardizzazione e che, soprattutto, escano “fuori dalla logica (tipica della cultura dominante) di considerare ciò che è errante come errato, ossia sbagliato (sia per difetto sia per eccesso), collocando l’erranza dentro contenitori diagnostici di varia natura […] al fine di correggerla, imbrigliarla, re-indirizzarla… (Bocci, 2019, p. 11).
Plusdotazione e didattica inclusiva: questioni e prospettive.
Travaglini A.
;
2024
Abstract
L’educazione allo sviluppo del talento rappresenta una delle sfide principali alle quali una scuola che aspiri a essere pienamente inclusiva deve tendere. Nonostante ciò, persiste spesso, anche tra i docenti, l’idea che questo rappresenti una dote eccezionale a disposizione di pochi individui – visione romantica del talento (Becchi, 1962) – e che, per tale ragione, la sua valorizzazione non richieda l’attivazione di interventi mirati (Brazzolotto, 2020). In realtà, «la dotazione può diventare talento attraverso un processo di sviluppo cui contribuiscono l’apprendimento formale, informale e l’esercizio pratico» (Vinci & Sgambelluri, 2020, p. 256). Tale osservazione risulta imprescindibile per considerare in modo adeguato la plusdotazione cognitiva, che costituisce un bisogno educativo speciale tuttora poco conosciuto dai docenti. Spesso le/gli studentesse/i ad alto potenziale vivono nei contesti scolastici una situazione di estraniamento, noia e demotivazione, con conseguente rischio di abbandono scolastico (Lucangeli, 2019, Zanetti, 2017). Tali difficoltà sono riconducibili in gran parte non tanto a criticità insite nell’individuo, quanto piuttosto a un modo di strutturare i processi di insegnamento-apprendimento, che risultano rigidi e incapaci di rispondere in modo mirato ai bisogni individuali. All’interno di un contesto scolastico teso alla normalizzazione, alcune caratteristiche riconducibili al funzionamento cognitivo proprio della plusdotazione – quali, ad esempio, la tendenza all’autonomia, il ricorso al pensiero divergente, la ricerca di soluzioni alternative – possono risultare perturbanti rispetto al consolidamento di routine pensate per il mainstream. Ne consegue che a scuola le risorse individuali rischiano di trasformarsi per l’allieva/o con plusdotazione in ostacoli che possono inficiare la sua piena partecipazione alle attività proposte nei contesti scolastici. Affinché possa costituirsi un contesto scolastico autenticamente inclusivo, è indispensabile adottare diverse strategie didattiche, volte ad aumentare abilità cognitive e sociali delle/gli allieve/i (Buccolo, Pilotti & Travaglini, 2021). Nello specifico, è importante predisporre processi di insegnamento-apprendimento ispirati ai principi della differenziazione didattica (Tomlinson, 2014), che incidano congiuntamente sulla predisposizione di spazi, tempi e curricula flessibili, in grado di rispondere alle esigenze formative delle/gli allieve/i. La differenziazione non è dettata pertanto, in modo esclusivo, dalla necessità di predisporre percorsi diversificati in relazione alla presenza, in classe, di allievi con bisogni educativi speciali, in quanto costituisce un’opportunità per gestire la classe in modo tale da poter valorizzare pienamente le risorse di tutte/i le/gli allieve/i (Bocci, 2015). All’interno di tale prospettiva, un ruolo privilegiato è svolto dalle competenze emotive del docente, che deve porsi all’interno del contesto classe come un facilitatore, un promotore del benessere individuale e collettivo, creando un clima costruttivo e collaborativo. La/il docente si configura, infatti, come il professionista “e-motivo” e “in-clusivo” (Buccolo, 2021) che, servendosi di vari approcci e metodologie (circle time, drammatizzazioni, metodo autobiografico), è in grado di consentire a tutte/i gli allieve/i di esprimere i propri vissuti, creando un filo tra esperienze passate e presente. Tale aspetto si rivela di estrema importanza per le/gli allieve/i con plusdotazione le/i quali, come evidenziato da Neihart e Betts (2010), possono presentare alcune criticità quali, ad esempio, comportamenti oppositivi e aggressivi; difficoltà nella regolazione e modulazione emotiva; rendimento scolastico altalenante, ecc. È indispensabile, allora, per consentire a tutti i talenti di essere riconosciuti e valorizzati nel contesto scolastico (Margiotta, 2018), introdurre nuovi paradigmi interpretativi, che rifiutino logiche di normalizzazione e standardizzazione e che, soprattutto, escano “fuori dalla logica (tipica della cultura dominante) di considerare ciò che è errante come errato, ossia sbagliato (sia per difetto sia per eccesso), collocando l’erranza dentro contenitori diagnostici di varia natura […] al fine di correggerla, imbrigliarla, re-indirizzarla… (Bocci, 2019, p. 11).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.